L’attesa della Natività in una parrocchia cattolica latina di Kyiv, affidata alla cura pastorale dei Missionari Oblati di Maria Immacolata.
di Paolo Affatato (L'Osservatore Romano 22/12/2022)
Sono il tepore della carità fraterna e il dolce ardore della tenerezza a scaldare il Natale dei cattolici di Kyiv. Padre Pavlo Vyshkovskyi, della congregazione dei Missionari Oblati di Maria Immacolata e parroco alla chiesa cattolica latina di San Nicola nella capitale ucraina, racconta con tratti di inquietudine l’approssimarsi di un Natale che sarà caratterizzato da disagi e precarietà: per lunghe ore al gelo, senza elettricità e senz’acqua, per la parrocchia e per la maggior parte dei fedeli.
Fin dall’inizio delle ostilità, padre Vyshkovskyi e gli altri Oblati hanno fatto una scelta di campo: pur avendo ricevuto dalla congregazione il permesso e l’invito a lasciare l’Ucraina per spostarsi in comunità di altri paesi europei, hanno voluto restare a Kyiv, per condividere la sorte del popolo di Dio loro affidato. Con i fedeli hanno iniziato a celebrare la messa e vivere ogni giorno l’Adorazione eucaristica pregando intensamente per la pace. «Dopo dieci mesi di guerra, la situazione è molto difficile, non lo nascondiamo. Le difficoltà diventano sofferenze e per molti sono vere e proprie tribolazioni. Nonostante tutti gli aiuti umanitari che riceviamo, non è un Natale sereno, con l’incubo della guerra che incombe e segna la nostra vita. Ma non ci lasciamo scoraggiare. Il nostro antidoto è il calore delle relazioni umane, della solidarietà e dell’amore di Dio», racconta il religioso ucraino in un colloquio telefonico con “L’Osservatore Romano”.
I quattro oblati (tre ucraini e un polacco) della parrocchia di San Nicola sono una piccola comunità che, nell’ultimo anno, ha voluto stringersi e farsi prossima ai fedeli provati dalla tragica esperienza del conflitto, mettendo in campo tutte le risorse, materiali e spirituali, necessarie per resistere. «Prima di tutto — nota — la forza ce la dà il Signore che ci è vicino in questo tempo di sofferenza. Ci dà la forza tramite l’Eucarestia che continuiamo a celebrare, a volte anche nel bunker dove dobbiamo rifugiarci. Dio si manifesta, con tutto il suo amore, nella comunità, nell’essere stretti gli uni agli altri, uniti nella comunione spirituale e nella concreta solidarietà fraterna, per vivere in questo tempo di prova».
La speranza, aggiunge il missionario ucraino, «è il Dio-con-noi. Avvertiamo la sua presenza nel condividere i pesi gli uni gli altri, in questi giorni di precarietà». Al freddo delle temperature, allora, fa da contraltare il calore dell’amore vicendevole. Una piccola quanto significativa iniziativa di solidarietà riesce a dare vita allo spirito del Natale, pur nelle condizioni di incertezza e insicurezza che i fedeli vivono quotidianamente. A partire dal 13 dicembre, religiosi e volontari preparano in parrocchia un pasto caldo soprattutto per le persone sole, per gli anziani, per le donne che hanno i loro mariti al fronte e i loro figli. La semplice e rituale condivisione di una minestra calda, dopo la preghiera intensa e partecipata con viva fede, caratterizza una novena di Natale vissuta con sentimenti di sobrietà e gratitudine.
«Ci accorgiamo così quanto è preziosa la comunità. È il Vangelo che ci tiene uniti», afferma Vyshkovskyi. «Ci sentiamo come la comunità cristiana descritta negli Atti degli Apostoli, uniti nelle cose semplici, perseveranti nella fede, nella comunione, nella frazione del pane e nella preghiera». La tragica esperienza della guerra, allora, «ci fa riscoprire l’essenzialità della vita cristiana, quella povertà che il Figlio di Dio ha scelto per venire nel mondo. Questo è il nostro Natale», suggerisce Vyshkovskyi.
Gli oblati confermano così una tradizione di vicinanza ai poveri che già negli anni scorsi li ha visti impegnati a distribuire pasti caldi in diversi luoghi di Kyiv e delle periferie, grazie a uno speciale “pulmino della carità” che raggiungeva i senzatetto. Nei mesi del 2022 segnati dal conflitto, il convoglio ha portato soccorso a numerosi sfollati, notevolmente aumentati nella capitale ucraina con l’inizio delle operazioni belliche. «Ora, non potendo più muoverci noi — spiega il religioso — abbiamo aperto le porte della parrocchia, che significa per noi aprire il cuore alla gente bisognosa, condividere, stare insieme, essere realmente fratelli, sempre con Gesù al centro del nostro stare in comunità».
Il sostegno alimentare, poi, è accompagnato da uno speciale aiuto spirituale che si concretizza con il pellegrinaggio dell’icona della Vergine Maria che visita le famiglie. A partire dalla terza domenica d’Avvento, la Dominica Gaudete, l’immagine della Madre di Dio Ostrobramska (che significa “porta dell’aurora”) ha iniziato uno speciale pellegrinaggio tra le famiglie della parrocchia, condotta in processione nei vari palazzi e quartieri, nell’intento di portare un messaggio di conforto, di pace di speranza. «Maria dimostra di essere accanto a noi e ci dona il suo amore amorevole di Madre in ogni nostra situazione. Bussa con delicatezza alla porta delle case e alle porte dei cuori e aspetta. Ci insegna ad accogliere il Cristo bambino che viene».
L’icona, riferisce il sacerdote, «è l’unica a essere sopravvissuta alla notte del comunismo. È lei a portare la luce dell’aurora. Ora a lei affidiamo la nostra vita». La peregrinatio dell’icona è occasione per riunire assemblee di preghiera, per la recita del rosario nelle famiglie e soprattutto «un momento di rivolgere a Dio preghiere speciali per la pace in Ucraina. Nulla è impossibile a Dio. Con Maria aspettiamo che arrivi Gesù nel cuore, nelle case, nel nostro amato paese».