La dieci parole dello sport in parrocchia: 3. Solidarietà

Quando ci si aiuta l’uno con l’altro si vince sempre. Se è vero dunque che lo sport è per l’inclusione si può dire allora che non c’è sport senza solidarietà. San Giovanni Paolo II nel Giubileo del Duemila si rivolse ai giocatori della “A.S. Roma” esortando gli sportivi a “favorire la costruzione di un mondo più fraterno e solidale, contribuendo al superamento di situazioni di reciproca incomprensione tra individui e popoli” (Giovanni Paolo II, Discorso alla delegazione della “A.S. Roma”, 30 novembre 2000).
È facile immaginare la solidarietà all’interno di una squadra ma in senso cristiano essa va oltre, includendo anche il rivale sul campo: è quanto avviene nella parabola del Buon Samaritano. Il fair play in questo contesto è il vero gesto sportivo, anche qualora andasse contro le regole del gioco: “L’attività sportiva – ricorda San Giovanni Paolo II – deve essere occasione ineludibile per praticare le virtù umane e cristiane della solidarietà, della lealtà, del corretto comportamento e rispetto per gli altri, per coloro che vanno visti come competitori e non come avversari o rivali” (Giovanni Paolo II, Discorso alla nazionale di calcio del Messico, 3 febbraio 1984).
“Il fair play permette allo sport di divenire un’opportunità di educazione per tutta la società, partendo dai valori e dalle virtù presenti nello sport, come la perseveranza, la giustizia e le buone maniere” (cit. “Dare il meglio di sé”, documento sulla visione cristiana dello sport e della persona, Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, 2018, n. 3.2).

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