Dal vangelo secondo Marco
Mc 16,15-20
In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
Mc 16,15-20
In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
Di san Marco sappiamo molto poco. La maggior parte delle notizie ci viene dalla tradizione, dove peraltro riusciamo solo a rastrellare alcune indicazioni piuttosto magre e tardive nei padri della chiesa.
Il primo a parlarci di lui, circa 80 anni dopo la composizione del suo vangelo, è Papìa, vescovo di Gerapoli, verso l’anno 140. Egli ci racconta di “Marco, l'interprete di Pietro, che riprodusse alcuni racconti su Gesù, ma apparentemente senza odine alcuno”. L’affermazione di Papìa non è molto adulatrice; per lui si tratta semplicemente di un insieme di racconti. Ma è interessante che lo presenti come “interprete di Pietro”, situandolo quindi a Roma.
Alcuni anni dopo anche Ireneo ci dice che il vangelo di Marco è stato scritto a Roma, secondo la testimonianza di Pietro, ma dopo la morte dell’apostolo.
Chi è allora Marco? Per Ireneo è il Giovanni Marco di cui parlano gli Atti degli Apostoli; la madre ospitava a Gerusalemme la comunità cristiana al momento della liberazione di Pietro (At 12,12: “Dopo aver riflettuto, si recò alla casa di Maria, madre di Giovanni, detto Marco, dove molti erano riuniti e pregavano”). Incontriamo di nuovo questo Marco “in Babilonia” (cioè a Roma) secondo 1Pt 5,13: “Vi saluta la comunità che vive in Babilonia e anche Marco, figlio mio”. Queste sono le due indicazioni del Nuovo Testamento che servono da appoggio generale. Gli Atti degli Apostoli ci dicono anche che Marco faceva parte del gruppo missionario di Barnaba e di Paolo nel primo viaggio, ma che presto rinunciò a proseguire (At 13, 5.13). Per la seconda missione Barnaba voleva portarlo di nuovo, ma Paolo rifiutò; “Il dissenso fu tale che si separarono l’uno dall’altro”, scrive Luca con pudore (At 15,36-40).
Ebbe quindi un’esperienza missionaria, che in un primo momento non fu molto brillante: Giovanni Marco era ancora alle prime armi nella sua vita apostolica. Oltre alla già citata prima lettera di Pietro, la lettera ai Colossesi ce lo mostra accanto a Paolo durante la prigionia a Roma: “Vi salutano Aristarco, mio compagno di carcere, e Marco, il cugino di Barnaba, riguardo al quale avete ricevuto istruzioni - se verrà da voi, fategli buona accoglienza” (Col 4,10).
Da questi dati e da alcuni altri si può dedurre il vangelo sia nato al tempo della morte di Pietro e che ha un rapporto con lui. Il che ci porta a Roma, intorno all’anno 64.
Sul suo rapporto con Pietro la tradizione ha tanto insistito. Perché? Senza dubbio per mettere la testimonianza contenuta nel suo libro sotto l’autorità dell’apostolo. Tuttavia, va detto che, quando il secondo vangelo parla di Pietro, non è mai per lusingarlo, anzi il contrario.
Che il vangelo possa aver visto la luce a Roma è confermato dal fatto che sembra essere indirizzato a cristiani provenienti dal paganesimo, ai quali è necessario spiegare le abitudini ebraiche, perché non le conoscono.
È infine interessante notare il posto occupato dalle persecuzioni. La fede che il vangelo di Marco richiede è una fede vissuta in una situazione di opposizione, di conflitto, una fede avversata, per la quale è necessario accettare il rischio, poiché l’ambiente la rifiuta così come rifiuta i credenti.
P. Nino, parroco
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