La parabola del servo spietato è introdotta da un dialogo tra Pietro e Gesù che riguarda il perdono delle offese fatte da un membro della comunità ad un altro membro. Di questo stesso dialogo c’è una bella versione nel vangelo apocrifo dei Nazirei: Se tuo fratello ha peccato con una parola, e te ne ha fatto ammenda, devi riceverlo sette volte al giorno. Simone il suo discepolo gli disse: Sette volte in un giorno? Il Signore rispose e gli disse: Sì, io ti dico, fino a settanta volte sette. Perché persino dei profeti, dopo che erano stati unti dallo Spirito Santo, si trovava la parola di peccato. Qui “la parola di peccato” è un modo degli ebrei per dire “qualcosa di peccaminoso”. E sembra anche che il perdono richiesto sia subordinato al pentimento dell’offensore.
Nella risposta di Gesù, praticamente uguale nelle due versioni, c’è un riferimento al libro della Genesi (4,24): Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamec settantasette. Come in quei giorni non vi era limite all’odio e alla vendetta, così fra i cristiani non vi deve essere limite alla misericordia e al perdono.
La parabola accentua poi una nota caratteristica dell’insegnamento di Gesù: che solo uno spirito indulgente può ricevere il perdono, mentre un atteggiamento sgarbato e vendicativo preclude il perdono di Dio, e che la collera di Dio si accende contro chi è duro e spietato assai più che contro chi è debole e stolto.
Nella frase conclusiva di Gesù c’è la morale del racconto: neppure i salvati sono salvi Non si vive di rendita: in un cristiano una disposizione dura e non disposta al perdono lo fa ritornare al punto in cui era prima di diventare cristiano. Il perdono deve anche essere “di cuore”. Non si tratta cioè di una pura forma, ma di un’espressione autentica di un sentimento sincero; non si perdona perché il perdono è un dovere o la cosa più opportuna, ma si perdona come naturale espressione di una disposizione alla misericordia e al perdono.
Nella risposta di Gesù, praticamente uguale nelle due versioni, c’è un riferimento al libro della Genesi (4,24): Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamec settantasette. Come in quei giorni non vi era limite all’odio e alla vendetta, così fra i cristiani non vi deve essere limite alla misericordia e al perdono.
La parabola accentua poi una nota caratteristica dell’insegnamento di Gesù: che solo uno spirito indulgente può ricevere il perdono, mentre un atteggiamento sgarbato e vendicativo preclude il perdono di Dio, e che la collera di Dio si accende contro chi è duro e spietato assai più che contro chi è debole e stolto.
Nella frase conclusiva di Gesù c’è la morale del racconto: neppure i salvati sono salvi Non si vive di rendita: in un cristiano una disposizione dura e non disposta al perdono lo fa ritornare al punto in cui era prima di diventare cristiano. Il perdono deve anche essere “di cuore”. Non si tratta cioè di una pura forma, ma di un’espressione autentica di un sentimento sincero; non si perdona perché il perdono è un dovere o la cosa più opportuna, ma si perdona come naturale espressione di una disposizione alla misericordia e al perdono.
P. Nino, parroco
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 18,21-35
In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: "Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa". Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: "Restituisci quel che devi!". Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: "Abbi pazienza con me e ti restituirò". Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: "Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?". Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».
Commenti
Posta un commento